Robert
10 luglio 2025

Robert osservava la pioggia scendere fuori dalla sua finestra. Un normale giorno di inverno, come molti, come tutti quelli che ha passato in quella stanza in attesa di non si sa cosa.
Ha sempre avuto l’impressione di aspettare che qualcosa bussasse alla sua porta. Un segno, una persona, qualunque cosa potesse risvegliarlo dal sonno a cui si era ormai dedicato da anni.
Languire. Questo era tutto quello che ormai sapeva fare. Come gelatina appiccicosa era attaccato alla vita, ma così morbido da potersi frantumare in mille pezzi in qualsiasi momento.
No, non era felice.
Non era felice da molto. Ormai l’aveva capito. Cercava di risalire alla radice della sua infelicità, ma più tornava indietro, più gli veniva da pensare che forse, sotto sotto, felice non lo era mai stato.
Non erano bei pensieri quelli che ogni giorno fermentavano nella sua testa, ma proprio come un lievito si ingigantivano e arrivano a essere l’unica cosa presente nella sua scatola cranica. Una fissazione, un’ossessione. Ecco di cosa viveva, se si poteva chiamare vita.
Il terapeuta da cui andava ogni lunedì mattina alle nove in punto lo raccomandava sempre di fare un po’ di autoanalisi. Di scrivere su un diario e cercare di capire se stesso. Cercare di scorgere, nell’intricato marasma di tutte le cose, qualcosa di importante. Un appiglio. Qualcosa che potesse sorreggerlo per passare indenne un’altra giornata. Un’altra giornata senza appendersi a una cravatta nel suo soggiorno. Proprio il soggiorno da cui ogni giorno guardava la pioggia scendere. Incessante. Da mesi.